Valorizzare la biodiversità viticola dei Colli Piacentini e migliorare la competitività dei vini anche in ottica futura, confrontandosi con il cambiamento climatico: sono questi i due obiettivi principali per cui da oltre sei anni la cantina Mossi 1558 è impegnata in prima linea in diversi studi e attività di ricerca in vigna e in cantina.
Nelle settimane scorse si è concluso il progetto regionale “SalviBio” a cui l’azienda vitivinicola di Albareto di Ziano Piacentino ha partecipato attraverso una ricerca sul campo riguardante due vitigni autoctoni del territorio, il Barbesino e la Malvasia Rosa, custoditi nel vigneto sperimentale aziendale insieme a un’altra trentina di uve “minori” storicamente legate al territorio. Da un lato lo studio, effettuato in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e altri partner impegnati nella ricerca in agricoltura, ha confermato con evidenze scientifiche alcune intuizioni e pratiche adottate già in passato dalla Cantina Mossi 1558 in riferimento al Barbesino. Dall’altro ha avvalorato ulteriormente le grandi potenzialità della Malvasia Rosa, mutazione spontanea della Malvasia di Candia aromatica individuata per la prima volta nel 1967.
“Alcuni vitigni autoctoni poco diffusi – afferma il titolare di Mossi 1558 Marco Profumo – possono diventare oggi importanti strumenti di innovazione per identificare nuove tipologie di prodotto di elevata qualità capaci di resistere alle mutate condizioni ambientali grazie ai loro genotipi e a precisi protocolli di vinificazione. Nel caso del Barbesino, l’analisi delle curve di maturazione ha evidenziato le sue ottime potenzialità nel miglioramento dei vini bianchi e degli spumanti del territorio. Già in passato Luigi Mossi, che creò il nostro vigneto sperimentale alcuni decenni fa, aveva individuato in quest’uva il compagno ideale dell’Ortrugo, ora la sua intuizione è dimostrata empiricamente”.
Il progetto SalviBio ha consentito anche di approfondire le potenzialità agronomiche e di vinificazione della Malvasia Rosa, uno dei pochissimi vitigni nel panorama varietale nazionale che abbina aromaticità terpenica a una colorazione rosa delle uve. Attraverso microvinificazioni e assaggi di diversi campioni di vino è stato tracciato un identikit delle caratteristiche dell’uva utile a orientare i processi di vinificazione verso le migliori espressività del vitigno.
“Partire dalla conservazione dei ceppi storici per affrontare i cambiamenti futuri – spiega Marco Profumo – è una scelta razionale operata in nome di una vera sostenibilità della nostra viticoltura e, più in generale, del nostro intero paesaggio. La sperimentazione scientifica ci permette di vagliare le potenzialità innate del nostro territorio, andando a trovare qui le risposte a quelle sfide globali che non possiamo più sottovalutare e da cui passa il futuro stesso della nostra comunità”.