I fratelli del Raboso conquistano il Friuli. Dall’acquisizione di una realtà da tempo dismessa nei pressi di Borgo Salariis a Treppo Grande, in provincia di Udine, nasce Aganis il nuovo progetto di Simone, Fabio e Alessio Cecchetto, i tre giovani alla guida della trevigiana Ca’ di Rajo.
Un investimento pari a cinque milioni di euro per i prossimi cinque anni è l’impegno economico preventivato dai tre per l’avvio della nuova cantina che punta su varietà autoctone, come Refosco e Friulano, enoturismo e sostenibilità.
Da anni impegnati nella valorizzazione del Raboso e del metodo di allevamento a Bellussera, oggi in via di estinzione, i tre fratelli si propongono dunque di esportare in Friuli la stessa passione che li ha resi paladini delle loro terre sulle sponde del Piave.
«Ci siamo trovati davanti alla possibilità di affrontare una nuova sfida dopo aver portato Ca’ di Rajo ad essere una realtà che esporta in oltre 50 Paesi e aver già dato vita a una seconda azienda, Terre di Rai, che raccoglie l’esperienza della nostra famiglia – spiegano i fratelli Cecchetto -. Ca’ di Rajo rappresenta il riscatto della nostra gente. Mio nonno – ancora attivo in azienda a 91 anni – era un mezzadro, abbiamo raccolto la fatica della sua generazione e abbiamo fatto di Ca’ di Rajo una cantina di respiro internazionale. Aganis invece è un progetto solo nostro, un nuovo punto di partenza. Guardiamo a una terra quasi vergine dalle potenzialità illimitate».
Aganis è il termine dialettale che definisce le agane, figure femminili della mitologia alpina, particolarmente note in Carnia, che abitano attorno ai corsi d’acqua.
Un altro omaggio al territorio, spiegano i fratelli Cecchetto, che si sono ispirati alle leggende popolari e al vicino fiume Cormor che scorre accanto ai vigneti della tenuta, situata ai piedi delle Alpi Giulie, a ridosso dei Colli Orientali.
«Sin dalla scelta del nome questa azienda esprime la nostra volontà di dare vita a vini che sappiano parlare di territorio e di tradizioni in chiave moderna facendo entrare in scena la ninfa protagonista del marchio e di una parte delle linee di etichette. Aganis in friulano sono “spiriti” dei corsi d’acqua, protettrici di pescatori e agricoltori e guardiane della memoria di questo angolo d’Italia», spiegano Alessio, Fabio e Simone Cecchetto.
L’azienda è composta da 22 ettari di vigneti e 15 di boschi. Il progetto prevede la realizzazione di due spumanti, una Ribolla Gialla e un Rosé da uve 100% Pinot Nero e una serie di autoctoni in versione vini fermi come Friulano, Refosco, Malvasia e Ribolla Gialla. Tra i vitigni internazionali di punta, debuttano a Vinitaly anche un Merlot, un Cabernet Sauvignon, un Sauvignon e uno Chardonnay.
Anche lo studio grafico delle etichette richiama i valori del brand. La lettera “A” evoca la figura di una ninfa seduta. La farfalla è un «simbolo guida» che comunica l’attenzione alla sostenibilità e una terra incontaminata, ricca di corsi d’acqua e boschi, dove la biodiversità è una realtà con caprioli e altri animali selvatici che vivono tra i filari e fiori di ogni tipo.
Anche i nomi dei vini sono la celebrazione della tradizione locale: il Refosco dal Peduncolo Rosso PO’ FOLC, letteralmente “poi il fulmine”. Una rivelazione che lascia pieni di stupore come un vino di carattere che si distingue e si fa ricordare; Il Friulano INCJANT “incanto” «come quello che si prova –spiega Simone Cecchetto – al primo incontro con le tradizioni friulane, espressione di un modo d’essere genuino, solo apparentemente ruvido, sempre autentico». Così anche per il Ribolla Gialla DI FLABE “da favola” o la Malvasia FLÔR “fiore” «un omaggio a un paesaggio unico e lussureggiante per un vino dal profumo delicato, armonioso e fresco».
Frutto di un capillare lavoro di reimpianto, i nuovi vigneti saranno coltivati sui caratteristici terreni di arenaria e marna, con particolare attenzione alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente collinare in cui affondano le radici. L’obiettivo primario, sottolineano i tre fratelli Cecchetto, è preservare un ecosistema perfetto dove la viticoltura si integra perfettamente ad un habitat naturale di grande fascino, incorniciato da vette e circondato da boschi.
«Vogliamo fare di Aganis un’azienda da vivere – spiegano i tre -. Ai piedi delle vette della Carnia e vicino a San Daniele vogliamo creare un luogo dove fermarsi a contemplare la natura, che rappresenti una sosta piacevole ai ciclisti che percorrono la vicina Ciclovia Alpe Adria che collega Salisburgo a Grado, e che offra un’evasione sensoriale a chi visita l’Ippovia e il parco botanico del Cormor».
Tra gli obiettivi futuri vi è infatti anche la realizzazione di uno spazio dedicato all’ospitalità alberghiera, con una formula che prevedrà anche di poter dormire tra i filari.
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CA’ DI RAJO IN BREVE. – A due passi dal fiume Piave, nella fertile campagna trevigiana, a Rai di San Polo di Piave, trova le proprie origini Ca’ di Rajo (Rajo è il nome antico di Rai). Una storia di vignaioli legati a filo doppio con il territorio. Il fondatore, Marino Cecchetto ha iniziato a coltivare la vite 80 anni fa con la sua famiglia e quella 2018 è stata la sua 80esima vendemmia. Nel 2005 il nipote Simone ha creato il brand Ca’di Rajo. L’azienda è guidata oggi da tre giovani fratelli Simone, Fabio e Alessio Cecchetto. Il più grande, Simone, è classe 1985.
Grazie alla loro passione e tenacia, la cantina esporta oggi in circa 50 Paesi. Ca’ di Rajo è impegnata nella valorizzazione degli autoctoni e nella salvaguardia delle Bellussere, antico metodo di allevamento della vite ed esempio unico di architettura del paesaggio. L’azienda è circondata da vigneti (90 ettari), una chiesa del XV sec e un’antica torre del X secolo, è visitabile con wine tour organizzati dalla stessa cantina che fanno scoprire anche la Bellussera.
Tra le sue produzioni vi sono: Prosecco Superiore Millesimato Docg Valdobbiadene nelle versioni Brut e Extra Dry, Prosecco Doc Treviso, Malanotte Docg, Raboso Piave Doc, Manzoni Bianco 6.0.13, Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot. A questi si aggiungono la Marzemina Bianca e il Manzoni Rosa, autoctoni rarissimi che solo Ca’ di Rajo spumantizza