Un’inedita tesi sulle origini del Centesimino, vitigno autoctono del territorio faentino e, in particolare, delle colline di Oriolo dei Fichi, arriva dallo studio scientifico “Atlante delle parentele dei vitigni italiani derivante dalla genotipizzazione degli SNP” pubblicato lo scorso gennaio. Frutto di una lunga e meticolosa indagine genetica che ha visto collaborare nove tra i più importanti centri di ricerca e università d’Italia, lo studio ha analizzato gli SNP (polimorfismi a singolo nucleotide), vale a dire le singole variazioni puntiformi del genoma, di diverse centinaia di varietà d’uva italiane e di circa mille varietà aggiuntive derivate da precedenti studi sul germoplasma europeo, meridionale, della Magna Grecia e georgiano. Le ricerche hanno consentito di valutare la parentela tra un insieme di 1.232 varietà uniche e identificare 92 nuove coppie genitore-figlio, dimostrando come il patrimonio genetico dell’uva italiana provenga in gran parte da poche varietà principali.
Tra le nuove parentele ricostruite dalla ricerca spicca appunto per il territorio romagnolo quella riguardante il Centesimino, vitigno autoctono iscritto come varietà unica al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 2004. Le evidenze del nuovo studio indicano il Centesimino come il figlio dell’incrocio del tutto naturale che si è verificato nel corso dei secoli tra il Sangiovese e il Moscato Violetto, noto anche come Muscat rouge de Madère.
“Quello che è di fatto il primo atlante genetico basato su SNP di gran parte del germoplasma della vite italiana – sostiene Mauro Altini, presidente dell’Associazione per la Torre di Oriolo (www.torredioriolo.it) che riunisce le otto cantine storiche che producono il Centesimino – sarà utilissimo per la valorizzazione enologica e viticola di numerosi vitigni. Nel caso del Centesimino ci fornisce nuove informazioni e, allo stesso tempo, ne conferma altre che abbiamo imparato in prima persona coltivando in vigna e lavorando in cantina quest’uva che non finisce mai di sorprenderci e di entusiasmare oltre a noi anche un pubblico sempre più ampio di amanti del vino”.
Tra le caratteristiche più identificative del Centesimino spiccano il suo corredo aromatico e la sua avvolgenza, ravvivate da una freschezza tanto apprezzabile quanto per nulla scontata. Se le prime due caratteristiche potrebbero essere il corredo genetico riconducibile al Moscato Violetto, viene spontaneo ora associare la spiccata acidità unitamente alla trama tannica persistente e molto predisposta all’invecchiamento in bottiglia all’altro genitore ben più famoso, il Sangiovese.
Se un importante tassello sull’origine del Centesimino arriva dalla nuova ricerca, parimenti importante rimane per la sua storia più recente l’operato del faentino Pietro Pianori, colui che nel secolo scorso salvò dall’epidemia di fillossera, il parassita che distrusse il 90% del vigneto europeo tra fine Ottocento e inizio Novecento, l’ultima vite di Centesimino rimasta, consentendone la rinascita sulle colline di Oriolo dei Fichi. Oggi le cantine Ancarani, La Sabbiona, Leone Conti, Poderi Morini, Quinzan, San Biagio Vecchio, Spinetta e Zoli Paolo sono le più convinte ambasciatrici di questo vitigno, che all’ombra della Torre di Oriolo ha trovato le sue migliori espressioni enologiche, distinguendosi anche per una grande versatilità. Dalla versione spumante a quella passito, passando dalla vinificazione in acciaio o in legno, il Centesimino ha dimostrato di saper sempre declinare ottimamente nel calice i tratti salienti che ne costituiscono l’identità e che lo rendono un vino particolarmente versatile negli abbinamenti gastronomici.