I produttori dell’Associazione Deditus, il marchio che identifica un certo modo di “essere” Barolo: tradizione, famiglia e vigneti di proprietà, si sono dati appuntamento per raccontare, in un incontro virtuale, moderati da Giorgio Dell’Orefice, vide caposervizio Sole 24 Ore, la propria vendemmia 2020, con uno sguardo realista e ottimista verso il futuro, nonostante un anno horribilis e prospettive di difficile previsione.
L’annata 2020 sarà un’annata impossibile da dimenticare, dove la natura e la vite stessa sono state fonte di ispirazione e di forza sorprendente. La vigna non si è arresa, non si è fermata, anzi ha dimostrato come anche nelle situazioni più difficili si possono ottenere risultati straordinari.
«Vorrei che questa vendemmia rappresentasse un atto di riconquista della normalità e consolidamento della positività, con la certezza di un futuro sereno per tutti coloro che vivono seriamente e generosamente il mondo del vino». Così Gianni Gagliardo, presidente dell’Associazione Deditus, condivide il pensiero corale dell’Associazione aprendo il webinar dedicato alla vendemmia e alle future prospettive di mercato.
La vendemmia dal vigneto alla cantina tra profumi e rese eccellenti
«Una vendemmia sorprendente». Così Luigi Scavino dell’azienda Azelia sintetizza la vendemmia dal punto di vista agronomico e gestionale, nonostante le evidenti difficoltà in termini di manodopera e adeguamento dei protocolli di sicurezza.
Il Nebbiolo è un vitigno adatto ai cambiamenti climatici e infatti ha risposto molto bene soprattutto nell’altalenante fase finale della maturazione. Si trovano così d’accordo Luigi Scavino e Luca Sandrone dell’azienda Sandrone Luciano che sottolineano come «il ciclo della vite sia iniziato in anticipo per poi resistere alle temperature elevate di agosto e dare quel colpo di coda tipico del nebbiolo quando sono arrivate le notti fresche da metà settembre in poi che hanno favorito una maturità fenolica perfetta delle uve, preservandone i profumi.»
La primavera anticipata ha portato con sé un germogliamento precoce, seguito da temperature più fresche nei mesi di maggio e giugno e decisamente più calde ad agosto ma con una buona escursione termica. La qualità delle uve raccolte è ottima. Sono sane, con un grado zuccherino alto e la giusta maturità fenolica.
«Chi ha saputo aspettare il momento giusto della raccolta non ha perso il potenziale, cioè la complessità che l’uva nebbiolo porta con sé, potando in cantina un’uva strepitosa» continua Luca Sandrone.
Una selezione in vigna e in cantina non necessaria, dati i grappoli molto belli dopo il diradamento. «Questo ha reso tutto più semplice anche in cantina con percorsi fermentativi lineari dopo pigiatura e diraspatura» racconta Gianluca Torrengo, enologo dell’azienda Prunotto, sottolineando come «un profumo di rosa, tipico del nebbiolo, che si sente in pochissime annate, abbia accompagnato le uve, dalle bianche alle rosse e i nebbioli in special modo, sin dal loro arrivo in cantina».
«Una natura che è stata clemente con la vendemmia e ha portato con sé un connubio perfetto tra la qualità e la quantità, commenta Pio Boffa dell’azienda Pio Cesare, nonostante si fosse pronti quest’anno ad un sacrificio quantitativo». Acini di nebbiolo con gocce rosse come erano anni che non si vedevano, segno che si è saputo attendere con pazienza e questa attesa ha senza dubbio e unanimemente premiato in termini di qualità produttiva.
Un barolo resiliente
È innegabile il conforto arrivato dai vigneti, il bene più prezioso di queste famiglie di vigneron, tanto quanto l’incertezza economica che la crisi dei mercati continua a portare con sé con la chiusura del canale Horeca in Italia e all’estero e una flessione dei volumi esportati.
«Senza trascurare l’off-trade ci siamo affidati in gran parte all’Horeca e all’improvviso ce la siamo trovata chiusa in Italia, in Usa, in Asia, in Australia, sottolinea Pio Boffa. Hanno tenuto meglio il Canada e il Nord Europa, ma poi ci sono stati problemi seri, ed è chiaro che non ci si sposta da un canale all’altro in un momento, soprattutto con un vino importante come il Barolo. Le vendite dirette e l’on-line indubbiamene aiutano ma non sono la soluzione a compensare le perdite; si deve essere seri e realisti, comunicando anche al consumatore questa “sofferenza”».
Avere una grande annata è sempre una freccia importante nel proprio arco, come lo sarà il 2020 e come lo è stata il 2016 che ha dimostrato grande resilienza. A tale proposito Emanuele Baldi, direttore marketing di Prunotto, ha evidenziato come «si pensasse di finire il Barolo 2016 in sei mesi, poi quanto è successo ha rallentato gli acquisti in Italia e all’estero. È pur vero però che i consumatori ed i collezionisti di Barolo nel mondo continuano ad avere redditi alti, nonostante le difficoltà economiche, e, quindi, sono sicuro che la 2016 non rimarrà in cantina. Condivido un po’ di preoccupazione invece per il 2021 e per una vendemmia 2017 che arriverà sul mercato senza l’attenzione mediatica che ha avuto la 2016» continua Baldi.
All’estero ci sono state realtà e reazioni molto diverse. In particolare i monopoli (Svizzera, Norvegia, Canada) hanno reagito bene e dato delle risposte molto forti. Altri mercati, come ad esempio Inghilterra e USA segnano una perdita importante di volumi non solo per il 2020 ma con ripercussioni anche sul 2021.
Il Barolo, soprattutto quando si parla di aziende storiche come quelle di Deditus, è senz’altro il vino che ha reagito meglio proprio per il grande successo e interesse che ha dimostrato e continua a dimostrare.
Ci sono a riprova anche case history positive come quella portata da Matteo Sardagna, alla guida della storica Poderi Luigi Einaudi: «siamo riusciti a capitalizzare una serie di contatti e di lavoro fatto negli anni passati, posizionando il nostro vino anche in tanti “wine club” del mondo, ed a tanti collezionisti attraverso le enoteche. Nel nostro caso siamo addirittura cresciuti rispetto allo stesso periodo del 2019».
Promozione e valorizzazione
Sul tema della promozione Alberto Cordero, alla guida della Cordero di Montezemolo mette l’accento sulla sua complessità e necessità di affrontarlo a livello socio-economico globale. «E’ un discorso ampio e complesso, ragionare come facevamo fino a pochi mesi fa, oggi, ha poco senso. C’è il tema della mobilità e dei viaggi, che è globale, c’è il tema degli eventi, delle fiere, delle cene che non si possono fare. Ci sono questioni che vanno ben oltre il mondo del vino tout court ed è inutile pensare di avere soldi a disposizione per la promozione: in un ragionamento più generale, si dovrebbe pensare a spendere i soldi pubblici per sostenere la mobilità in sicurezza, sostenere chi lavora, e, di conseguenza, guadagna e magari può spendere anche in una buona bottiglia di vino al ristorante.»
Evitare di sprecare risorse e investire in canali di contatto più diretto con il consumatore, sul web, sul presidio delle enoteche, consapevoli che più di tanto non si può fare.
«È un momento in cui più che altro, finché non ripartono i mercati, quello che dobbiamo fare è resistere, evitando di sprecare risorse e valorizzando le nostre unicità». È il messaggio di cui si fa portavoce l’azienda Poderi Gianni Gagliardo. «Un percorso, quello della valorizzazione del territorio che deve essere assolutamente portato avanti e che passa anche attraverso il tema dei Cru che sono e resteranno un valore assoluto, uno strumento primario di valorizzazione del Barolo, che ha questa unicità e che lo caratterizza.»
Un futuro di nuove sfide
Si deve guardare al futuro con fiducia e spirito innovativo. A lanciare un messaggio in questa direzione è Stefano Chiarlo, dell’azienda Michele Chiarlo. «Sono rimasto sorpreso, questa estate, di vedere tanti turisti in Langa, soprattutto italiani e stranieri provenienti da paesi a cui non si era abituati come olandesi e belgi alla ricerca di esperienze slow e immersive nella natura.
Dobbiamo quindi guardare al digitale per farci trovare pronti, come territorio, pensando al 2022, quando probabilmente saremo davvero fuori da questa crisi. E allora, spero che ci sia quello spirito di rilancio e di crescita, di voglia di fare e di godere del buono e del bello che la vita offre, che c’è stato nel Dopoguerra, e che mai più di adesso ritrovo attuale nei racconti di mio padre Michele Chiarlo”.
L’augurio è che, dopo questo momento di grande crisi, possa svilupparsi un maggior senso di responsabilità, declinato in un atteggiamento di resistente lungimiranza, di saggezza, di capacità di guardare oltre, reiventandosi ed accogliendo nuove sfide. Tutto ciò sarà possibile o, sicuramente più facile, potendo contare su un sinergico gioco di squadra, come è nello spirito dell’associazione Deditus fare.