“Per anni abbiamo commesso l’ingenuità di guardare alla Cina come al nuovo Eldorado del vino italiano, sbilanciandoci con eccessivo ottimismo su previsioni di una crescita esponenziale delle vendite del vino italiano in tutto il continente asiatico. In realtà il consuntivo dell’anno appena concluso parla di vendite dei vini italiani in calo del 2,4% in valore e del 12% in volumi, con una contrazione dai 3,7 milioni di ettolitri dello scorso anno ai 3,3 registrati nel 2018”.
È questo il commento di Alleanza Cooperative Agroalimentari analizzando i dati Istat sul quadro dell’export vitivinicolo italiano nei principali paesi asiatici.
Lo scorso anno le vendite in Cina avevano registrato una crescita a due cifre: +28,7% di incremento in valore e +25,9% in volume (2017/2016). Come va letto allora il calo del 2018? “Un cambiamento di passo che appare a tutti gli effetti come un mistero giallo”, esordisce la coordinatrice Vino dell’Alleanza Ruenza Santandrea. “La verità è che non bisogna commettere l’errore di fare letture affrettate. In generale bisogna guardare a tutto il continente asiatico in un’ottica di medio e lungo periodo – ammonisce Santandrea – “senza aspettarsi che nell’arco di pochi mesi o anni il mercato asiatico, che pure presenta grandi potenzialità di crescita specie in paesi come Mongolia, Vietnam e Nepal, riesca a sostituire del tutto altri mercati consolidati”.
Lo stesso export in Giappone presenta luci ed ombre. È un mercato che non sta crescendo come ci si aspettava: nel 2018 c’è stato un leggero calo di vendite in volume (-0,7%), dovuto in parte al fatto che i vini italiani non vengono più venduti con altissime marginalità, dal momento che i consumatori giapponesi tendono ad acquistare tipologie di prodotti nelle fasce medio-basse di prezzo.
Tuttavia, “l’accordo di libero scambio firmato dall’Europa con il Giappone, che azzererà totalmente i dazi per i vini europei – conclude Santandrea – è un indubbio beneficio che potrebbe portare presto ad un reale aumento delle vendite”.