Il futuro è rosa? Al di là di ogni previsione si può certo affermare che si tratta di una tinta sempre più presente nel mercato enologico mondiale. Infatti, il consumo dei rosé è in costante crescita e non è più relegato ad una nicchia chic e prevalentemente femminile. L’idea che viene sempre più associata a questi vini è quella di freschezza e convivialità, pur sempre nel segno dell’eleganza. Per questo può essere definito il vino dei millennials, cioè i giovani di età compresa fra i 18 e i 35 anni.
Secondo una ricerca commissionata da Frescobaldi a Nomisma Wine Monitor, i rosé nel 2005 rappresentavano l’8,7% della produzione mondiale di vini fermi. Nel 2015 la percentuale è salita al 9,6%. Tra i principali produttori figura la Francia (31% della produzione mondiale), la Spagna (20%), gli Usa (15%) e l’Italia (9%). Quanto ai consumi, sul totale dei vini fermi siamo passati dal 9% del 2005 all’11% del 2016. Il 34% dei consumatori è francese. Seguono Usa (14%), Germania (8%), Regno Unito (6%) e Italia (4%). Usa e Regno Unito primeggiano sul podio degli importatori, con rispettivamente il 20% e il 18% sul totale del valore mondiale dell’import di rosé nel 2015. Il valore dell’import mondiale si colloca a 1,8 miliardi di euro, per 8,8 milioni di ettolitri.
Cosa decreta il successo di questi vini? Innanzitutto, il mutamento di percezione da parte dei consumatori. Secondo la ricerca Wine Monitor, nell’ultimo anno il 70% degli italiani ha avuto almeno una occasione di consumo di vino rosé (fermo o sparkling), ma la quota cresce se si considerano solo i consumatori della fascia d’età 30-44 anni (la quota di user arriva al 72%, contro il 67% di chi ha un’età compresa tra i 45 e i 55 anni). Il rosè si beve soprattutto fuori casa, in wine bar, ristoranti o altri locali e la percentuale di chi lo beve away from home cresce tra i millennials. I più giovani, infatti, preferiscono consumarlo durante l’aperitivo, ordinandolo al calice piuttosto che in bottiglia. Lo beve per piacere e non è tenuto a conoscerne le caratteristiche per poterlo apprezzare. Il rosé è infatti meno complesso di un rosso o un bianco, è legato ai concetti di semplicità ed è così diventato simbolo di uno stile di vino.
Ed è proprio anticipando i tempi e intercettando il trend che Frescobaldi lancerà al Vinitaly il suo nuovo vino rosè “chiaro” Alìe, un raffinato equilibrio tra Syrah e Vermentino, prodotto in un territorio altamente votato, come quello della costa maremmana, nella tenuta dell’Ammiraglia, limitrofa al mare. “Abbiamo iniziato a lavorare a questo vino 3 anni fa comprendendo il potenziale di un territorio, quello della Maremma, dove sorge la nostra tenuta Ammiraglia”, dichiara Lamberto Frescobaldi. “Qui i vigneti beneficiano della vicinanza del mare. Alìe e’ un rose’ che riesce ad unire il frutto, l’eleganza e la complessità, il che lo rende adatto ad essere degustato a tutto pasto e in ogni tipo di stagione, ma soprattutto perfetto per l’aperitivo e un target giovane, come emerge dalla ricerca di Nomisma”.
Lo studio di Wine Monitor ha infatti messo in luce come i rosè in particolare vengano associati a divertimento/convivialità (17%) a pari merito con l’eleganza (17%), tradizione (12%), relax (11%) in un orizzonte sempre più unisex e meno targato femminile rispetto al passato (donne 73%, uomini 67%). Anche l’intensità del colore rosa gioca un ruolo primario nella percezione del consumatore: i nuovi rosè fermi italiani (con colori più chiari e bottiglie più elaborate ed eleganti) sono associati, rispetto ai tradizionali rosè, ad una qualità superiore (lo pensa il 25% di chi consuma vino, e il 31% tra i millennials). I rosè più chiari attirano la curiosità di otto consumatori su dieci, interessati a sperimentare questa nuova categoria di vini rosè italiani che rimanda alla tradizione provenzale.
Altro elemento è la progressiva destagionalizzazione dei consumi: Il momento dell’anno ideale per apprezzare un buon vino rosè è l’estate (per il 32% degli user), ma più di un consumatore su 3 lo ritiene un vino adatto a qualsiasi stagione. Si scelgono soprattutto sulla base del passaparola (25%), a seguire sulla base del territorio di provenienza (18%). Per l’82% è importante che sia italiano. Per il 25% i nuovi vini rosè “chiari” hanno una qualità superiore rispetto ai precedenti.
Accanto all’Italia, la ricerca Wine Monitor ha inoltre esplorato il posizionamento dei rosè in due delle maggiori zone (Florida e New York) del primo mercato di importazione, gli USA. “Dalla survey realizzata nel mercato statunitense sono emerse diverse analogie con il consumatore italiano di vini rosè” – ha sottolineato Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma. “Innanzitutto la destagionalizzazione dei consumi di tali vini, ancora più evidente che in Italia, poi la propensione a berli soprattutto al di fuori della mura domestiche, in particolare per quanto attiene ai rosè provenzali – di tonalità più chiara – ai quali viene riconosciuta maggior qualità ed eleganza rispetto alla media della categoria. Evidenze che si riscontrano soprattutto nei millennials che a loro volta si configurano come la generazione di riferimento per il consumo di questi vini e per i quali l’intensità del colore rappresenta il secondo criterio di scelta nell’acquisto dei rosè, dopo la rinomanza del brand”.