A far da locomotiva ai numeri del vino italiano all’estero, soprattutto i vini spumanti. Nel 2015 la produzione nazionale è stata di 520 milioni di bottiglie per un valore-origine di 1,352 mld/euro (euro 2,60 a bottiglia in cantina). Sul totale prodotto, 373 milioni di bottiglie (pari al 72%) sono state spedite in 90 Paesi nell’arco dell’anno per un valore pari a 1,327 mld/euro (per euro 3,56 a bottiglia) e un giro d’affari nel mondo di 2,573 mld/euro (per euro 6,9 a bottiglia).
Rispetto al 2014, Ovse-Osservatorio economico dei vini effervescenti, fondato nel 1991 da Giampietro Comolli, registra un +17% dei volumi e un +14% in valore all’origine. Il 2015 è un altro anno che cancella i record precedenti degli ultimi 10 anni, come produzione e esportazione: “Bene i volumi – commenta Giampietro Comolli – ma da anni sollecitiamo a fare più attenzione al valore di vendita cogliendo anche il sentiment tricolore favorevole. Il gap da colmare è ancora eccessivo, perché nella cultura globale il prezzo è anche sinonimo di qualità. Non corrisponde alla realtà qualitativa il divario di 4,66 euro per una bottiglia italiana con i 12,10 euro delle bollicine francesi, con una media di 22,49 euro al vertice per una bottiglia di Champagne”.
Ovse constata anche un ulteriore calo nelle vendite delle etichette varietali, degli spumanti comuni e dell’Asti con alcuni ritocchi al ribasso di prezzo all’esportazione, mentre al consumo tutte le etichette made in Italy registrano un forte incremento di prezzo. Comolli rileva: ”Negli Stati Uniti un calice di bollicine tricolori viaggia da 6 a 10 dollari, al ristorante non meno di 12 dollari”. L’escalation dei volumi esportati è stata molto forte negli ultimi 4 anni con un raddoppio anche delle destinazioni, tranne qualche paese in cui dazi e accise, embarghi, svalutazione e leggi sui consumi hanno bloccato la importazione di tanti prodotti, in India, Cina, Russia, Brasile, Argentina. Molto bene soprattutto nel vecchio continente a 28 paesi che assorbe il 65% di tutto l’export. Usa e Uk hanno registrato crescite nel medio periodo del 150-200%.
Altri paesi come Giappone, Messico, Canada, Germania, sono più oscillanti con continui sali-scendi. Ottimi risultati export si sono registrati in Francia, Austria, Svizzera e Svezia. Calo degli spumantini anonimi dolci e secchi, tengono alcuni mercati nell’Europa orientale per spumanti di vitigno (Moscato, Malvasia, Trebbiano, Soave). Per la “piramide” Prosecco docg-doc ancora record: sul totale sono 275 milioni sono le bottiglie veneto-friulane consumate (3 su 4) per un valore in cantina di 700 mil/euro che si triplica con il giro di affari nel mondo a oltre 2 mld/euro. Le spedizioni in dogana registrano per il Prosecco docg (Conegliano, Valdobbiadene, Asolo, Cartizze) 38 mil/bott e per il Prosecco doc 237 mil/bott.
La esportazione si concentra con il 30% nel Regno Unito, il 20% negli Stati Uniti e il 9% in Germania. Per entrare in dettaglio nel 2015 la Gran Bretagna conferma la leadership con oltre 96 mln di bottiglie, per 220 mln/€ (+26%). Non più solo Gdo e spumanti generici, ma il Prosecco entra in pub, circoli privati e ristoranti, non solo italiani. Enorme mercato con l’e-commerce, ma 9 su 10 siti sono gestiti da importatori/distributori e non da aziende. Prezzi al consumo in crescita del 8%: a Londra ci vogliono 12,25 sterline (pari a 15,52 euro) in media per una bottiglia di Prosecco sullo scaffale, grazie anche al cambio monetario e senza patire le accise messe dal governo Cameron solo sul vino (pari a 2 sterline il tappo), esentato invece il wisky.
Al secondo posto troviamo gli Stati Uniti, sempre più costa occidentale oriented, volumi in crescita grazie all’euro svalutato e un prezzo alla dogana ritoccato al ribasso, con un +17,3% sul 2014 a quota 64,9 milioni di bottiglie, portando a +7,3% il fatturato al consumo per 305 mln/euro. Grandi guadagni per gli importatori/distributori. Una bottiglia di Prosecco che entra a 4,90 dollari (pari a 4,38 euro) sullo scaffale va a 21,3 dollari (circa 19 euro). Addirittura un calice di Prosecco nei ristoranti di New York si posiziona fra 12 e 19 dollari (circa 10,8-17,1 euro).
Terzo paese torna a essere la Germania, dopo alcuni anni di cali, spostando in modo significativo il tiro sugli spumanti Dop rispetto a generici per un volume di 29 milioni di bottiglie pari a 90 mln/euro di valore alla dogana. Buono il recupero sul valore a bottiglia. Conferma al quarto posto per la Russia, seppur con tutte le problematiche della valuta e della crisi, con volumi a 18,8 mln/bott e 45 mln/euro di plv, concentrati in 4-5 marchi e dove l’Asti rappresenta ancora l’emblema delle bollicine italiane con oltre 7 milioni di bottiglie. Seguono nell’ordine, la Svizzera con 15,3 mln/bott e un prezzo fuori dogana fra i più alti con 5,96 euro alla bottiglia; il Belgio con 11,7 mln/bott, l’Austria con 10 mln/bott, Giappone, Svezia, Francia a 9,5 mln/bott per paese. Canada e Paesi Bassi confermano il record di maggiori estimatori delle bollicine italiane, con un valore unitario da 6,37 e a 6,80 euro/bott franco distributore/importatore per una quota di mercato rispettiva a 5,6 mln/bott e 3,5 mln/bott. In poco più di 3 anni, la Francia conferma la scoperta del Prosecco superando 1,1 mln/bott. In Cina ancora qualche difficoltà per il sistema-mercato interno e l’inserimento nei diversi canali: bene nelle enoteche, ma si registra il record del più basso valore alla dogana con 3,20 euro/bott.
Per il metodo tradizionale italiano il percorso all’estero è sempre molto complicato perché ci si scontra con i colossi Champagne e Cava (rispettivamente 135 e 160 mln/bott spedite nel mondo). In ogni caso dal 2012 il trend si mantiene in crescita: l’anno scorso sono state 2,2 mln/bott esportate di cui 1,4 di Franciacorta (+7,3% rispetto al 2014), un valore medio alla dogana di 28 dollari/bott (pari a euro 31,10) e spedizioni concentrate nell’ordine in Giappone, Usa e Svizzera. Molto difficile l’export per gli altri metodo tradizionali: segnali positivi solo per Asti e Gavi. Il Trento doc cresce bene in valore all’origine rispetto agli anni passati.
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Due ulteriori considerazioni e commenti del presidente Giampietro Comolli:
- “Negli ultimi 5 anni l’Asti ha perso il 21% del mercato, mentre il Prosecco Doc è cresciuto mediamente del 21% annuo più che raddoppiando la quota, diventando il primo landbrand al mondo per le bollicine superando anche il generico Sekt. L’Italia quindi primo paese produttore con il 20,8% del totale (2,5 mld/bottiglie) e primo paese esportatore di vini effervescenti al mondo con una quota del 33% su 1,1 mld/bottiglie. Un settore che ha bisogno di una politica unitaria globale all’estero”.
- “Molti ancora gli spazi di crescita in volumi e in valore. L’Italia del vino è assente in Africa. La Francia è prima in tutti i paesi africani più ricchi, dove ha iniziato a investire da 10 anni. Seppur con burocrazia molto elevata, Nigeria, Kenia, Angola, Tanzania, Madagascar chiedono vini di fascia alta, compreso bollicine. Inoltre occorre una strategia diversificata per paese in base alle potenzialità e stile di vita: gli spumanti sono una tipologia abbinata alla festa nel mondo. Appannaggio di un mondo con buone disponibilità di spesa. Ma anche molte regioni europee e italiane reclamano bollicine. Ovse sollecita da anni una revisione dell’Ocm-Vino verso la promo-commercializzazione anche sui mercati interni non come aiuto di Stato, ma per favorire l’elasticità della domanda e per far crescere i consumi interni”